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-Sostenere a vulnerabilità di un artista è fondamentale.-Cercare il coraggio di attraversare un emozione è fondamentale-Avere fiducia e credere nella propria arte è fondamentale-Il nostro compito è quello di rappresentare l’umana sofferenze ma resistere  contemporaneamente all’umana sofferenza.

Laboratorio in Scena è un corso di formazione artistica specializzata nello studio della Recitazione, Teatro/Cinema/Televisione, con particolare riferimento allo alla recitazione cinematografica Laboratorio in scena nasce nel 2002 da Fabrizio Raggi, attore, regista, actor coach, di comprovata esperienza, prepara gli attori lavorando sia sulle tecniche attoriali sia sul sostegno della vulnerabilità attraverso un percorso di studio teorico/pratico, teso da una parte ad approfondire la tecnica e la conoscenza dei linguaggi scenici e dall'altra a sviluppare l'espressione personale e creativa di ciascun allievo.

Il corso di formazione prevede quattro classi possibili:

1 - Classe di Recitazione cinematografica per adulti e ragazzi adulti  ( dai 16 anni in su - ragazzi età compresa dai 12 ai 15 anni)
2 - Classe di Recitazione Teatrale per adulti e ragazzi (adulti dai 16 anni in su - ragazzi età compresa dai 12 ai 15 anni)
3 - Classe dizione, ortofonia e fonetica per adulti  e ragazzi (adulti dai 16 anni in su -  ragazzi età compresa dai 12 ai 15 anni)

4 - Master class per professionisti recitazione cinematografica, preparazione ai provini -Quality Star. 

Corso   adulti

NB: è possibile creare anche un corso che prevede le prime tre discipline , soprattutto per corsi serali ma ciò comporta una più leggera attenzione alla specifica materia.

Ogni classe , esclusa la master class per professionisti, è fattibile sia per adulti  ( dai 16 anni in su ) che per ragazzi (età compresa dai 12 ai 15 anni)

CLASSE RECITAZIONE CINEMATOGRAFICA

CLASSE RECITAZIONE TEATRALE

CLASSE DIZONE FONETICA ORTOFONIA

MASER CLASS PROFESSIONISTI

CHIEDI INFORMAZIONI per i corsi 
fabrizio74raggi@gmail.com
346.0935486

Insegnante di recitazione teatrale e cinematografica. Dal 2002 insegna in strutture private e pubbliche. Abilitato all'insegnamento di tale disciplina dalla Regione Lazio,

Ogni classe prevede un percorso di studio teorico/pratico teso a sviluppare da una parte la tecnica e la conoscenza dei linguaggi scenici e dall’altra l’espressione personale e la libertà creativa di ciascun allievo.

Il palcoscenico o un set cinematografico, sono un tramite per la trasmissione di un evento formato da piani stilistici e da emozioni. Accettare di attraversare una vera emozione e quindi comunicarla sarà un compito arduo per quanto terapeutico. Attualmente ha 4 classi attive presso Laboratorio centro voce di Senigallia , corso riconosciuto da MIUR con recitazione e due classi di dizione e la classe di San Marino con recitazione

Scarica il pdf con le informazioni su i corsi

Corsi attivi

CORSO SENIGALLIA LABORATORIO CENTRO VOCE

Prossimi saggi - venerdì 26 maggio 

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Saggio Classe di recitazione senigallia 2022-23

REGIA VIDEO FINE CORSO RECITAZIONE
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Locandine corsi 
why, what?

l teatro, il set cinematografico o televisivo sono luoghi ideali alla narrazione e alla proiezione di un pensiero creativo adattandosi così a tempio di culto del sentimento. 

Sono un tramite per la trasmissione di un evento scenico formato da piani stilistici, da vari piani di narrazione e da emozioni; un incontro, una fusione tra essere umano e macchina,  animato e inanimato. Per l’artista, elemento animato, vivente e pensante all’interno di questo meccanismo,  accettare di rappresentare il sentimento nella sua forma originaria e attraversare così una vera emozione è un compito arduo per quanto terapeutico. Cosa serve per concretizzare quindi una verità? 

 

Sicuramente uno studio su la comunicazione verbale, vale a dire uno studio su la voce, capire e formare una tecnica per affinare la un suono che sia esso parola o canto; come portare la voce, come rendere chiara una parola; Uno studio su comunicazione non verbale, il nostro corpo le nostre espressioni, occhi viso i gesti. Ma cosa rende reale una battuta? La nostra vulnerabilità, la nostra esperienza, il nostro vissuto.

 

Per l’attore quindi serve un lavoro su la vulnerabilità.

Recitare non è fingere ma vivere.

La vulnerabilità risiede nella nostra memoria emotiva e trova terreno fertile stimolando anche la fantasia. Abbiamo consapevolezza di dove nasce la fantasia? Di come la utilizziamo? Come la blocchiamo, quali resistenze imponiamo, ma soprattutto quali sabotaggi utilizziamo?

Quando siamo su un palcoscenico la sensazione iniziale è quella di sentirci nudi, quindi siamo estremamente vulnerabili e in chiusura. Il lavoro in classe parte proprio da questo punto, cioè avere consapevolezza del proprio stato d’animo difronte ad un pubblico.

 

Accettando inizialmente questo stato d'animo presente, senza lottare contro di esso,  cercheremo di elaborarlo, diventando poi  capitani coscienti di quell’emozione. 

In questo modo riusciremo a trasmettere una battuta del testo nella sua più pura verità; non la declameremo o la comunicheremo sterile ma la vivremo nella sua interezza, nella sua essenza.

 

Quali armi abbiamo per concretizzare tutto questo? Per rendere credibile agli occhi e alle orecchie degli spettatori?

L’artista attinge dai propri sentimenti, quindi attinge dalla proprio vissuto per codificare un pensiero un emozione, un azione scenica; ma quanto siamo veramente disposti ad esporci? Ci assumiamo la responsabilità fino in fondo prima di codificare e attingere a questo? Quanta possibilità diamo alla nostra arte di esprimersi?  Quanto fingiamo un sentimento?

Il primo sabotaggio che utilizziamo è proprio quello di modificare il primo istinto, quello puro, l’istinto grezzo, dettato da un bisogno primario insoddisfatto, ma essendo appunto insoddisfatto,  lo proponiamo superficialmente, cioè diamo la possibilità alla nostra arte di esporsi appena in punta, come la punta di un ice-berg;  Quasi mai diamo la possibilità a questo istinto di capire le sue origini e quindi di esprimerlo libero da ogni resistenza, spesso lo esprimiamo finto, recitato, sterile cioè replichiamo un suono un atteggiamento fisico in maniera solo estetica. 

 

Quanto siamo manipolatori allora di noi stessi? Quanto incide nella nostra arte la manipolazione che noi facciamo quotidianamente con noi stessi? 

In pratica: Siamo disposti ad attraversare un bisogno primario insoddisfatto e comunicarlo con la nostra arte? Siamo cioè disposti a ad entrare nel nostro vissuto personale e attraversarlo in arte? Attenzione però che le nostre esperienza personali in fase di studio in classe resteranno sempre mute, ovvero non diremo mai cosa ci è successo realmente nella vita, l’insegnate farà delle domande specifiche al quale l’allievo risponderà con azioni sceniche. Nessuno deve conoscere i nostri drammi privati. 

 

Che cosa è il bisogno primario insoddisfatto?

I bisogni primari insoddisfatti sono quei bisogni che in età infantile- adolescenziale non sono mai stati appagati, o meglio bloccati e poi coperti da noi stessi da qualcosa che ci permettesse di “sopravvivere" creando così una resistenza .

 

I principali bisogni primari sono:

-Bisogno di famiglia funzionale: Nella famiglia funzionale la figura paterna è quella figura che dovrebbe ad un certo punto fare prendere il rischio, mandare via di casa il figlio/a per farlo diventare maturo, mentre la figura materna è quella che dovrebbe proteggerlo, dandogli sicurezza e seguirlo anche se questo si è staccato dal nucleo famigliare.

-Il bisogno di sopravvivenza

-Il bisogno di appartenenza: (abbracciami, oppure appartenenza ad un gruppo sociale o familiare)

-Bisogno di approvazione (incoraggiami, dimmi che sono bravo)

-Bisogno di riconoscimento (accorgiti di me)

-Bisogno di attenzione (guardami, sentimi)

-Bisogno di amore (toccami, amami)

-Bisogno di rispetto, 

etc etc..

Questa metodologia di interpretazione scenica nasce da  Elia Kazan il quale fondò assieme a Lee Strasberg “Il Metodo” utilizzato principalmente in America all'Actor's Studio a New York e nelle maggiori scuole di cinema mondiali. Partendo dal studio del metodo Stanislaswky il quale parte dal presupposto del  : COME SE FOSSE , lo hanno trasformato in: COME È STATO. 

 

Lo scopo principale è quello di dare la possibilità a ciascuno di innescare un processo creativo, finalizzato all’ indiscutibile espressione del se, come forma di responsabilità civile dell’artista, di dignità che si forma elaborando le proprie miserie antiche e dolori rimossi. 

 

I bisogni primari secondo Strasberg li troviamo nella memoria emotiva di più 7 anni fa da oggi, meglio ricercati addirittura nell’età puberale dai 4 ai 13 anni.

Quando siamo in scena si interagisce con la nostra quarta parete (solitamente posta  in direzione boccascena) in cui visualizziamo l’antagonista, cioè colui o colei che ha reso un bisogno primario INSODDISFATTO.

 

Dal bisogno insoddisfatto nasce il conflitto. 

Mai soddisfare il bisogno durante la creazione di un opera, cioè mai cercare la zona confort ( sfuggire quindi da un ricordo antico e immaginare qualcosa di simile o mai vissuto, oppure appagare il bisogno con i nostri sabotaggi fumando e bevendo o comunque offuscando la nostra mente; Dobbiamo restare lucidi )  altrimenti in scena siamo finti perché appagati, cancerizzeremmo un opera non vera, cioè priva di sentimento, un opera basata  solo su COME SE FOSSE , invece dobbiamo lavorare sul COME È STATO e andarci fino in fondo. Durante l’esecuzione dobbiamo STARE scomodi. 

 

Noi siamo condizionati da un bisogno che se va attraversato ci renderà liberi in scena, dobbiamo arrenderci a questo urgenza, allora creeremo un atto artistico. Si deve entrare nel bisogno, arrendersi ad esso, poi si è liberi. 

 

E’ importante chiedersi in che modo io continuo a dare potere però al mio conflitto. Consapevoli apriamo la vulnerabilità, accettando quel’ antagonista in quarta parete con amore, con umanità; poi possiamo distruggere, ovvero toglierli il potere, non posso distruggere senza essere passato dal bisogno.

 

I bisogni primari si mettono al servizio dei vari personaggi poi che andiamo ad interpretare. In fase di studio inizialmente conosco me i miei limiti le mie resistenze , poi applico il tutto ad un possibile personaggio che dovrò interpretare , ricreando una sua storia, una sua motivazione che capiremo attraverso lo scrip dell’autore. 

 

Per Strasberg  ogni personaggio attraversa un triangolo costituito dal need: il bisogno, dal acting: il comportamento che si attua per coprire il bisogno e in fine dal tragic flaw: il flusso tragico, la pecca tragica. 

Esempio:

Need: bisogno di madre

acting: la tendenza di essere materni con gli altri

tragic flaw: si è soli.

 

Ogni opera, scena, è costituito da un arco creativo formato da : 

 

-CIRCOSTANZE PRECEDENTI 

Che portano al conflitto del personaggio ( il conflitto nasce dal bisogno non soddisfatto), questo conflitto arriverà ad una crisi  

 

-CLIMAX l’apice 

 

-CONCLUSIONE

 

E’ necessario capire i livelli di questo metodo: 

 

1 ) conoscere il proprio bisogno, 

2) essere consapevoli delle conseguenze subite da questo bisogno insoddisfatto, cioè quali difese ti ha creato, quali tic, sofferenze, sabotaggi. 

3) Come copri questa mancanza ( ACTING)

 

E’ importante chiedersi ogni qual volta che facciamo un esercizio e non lo abbiamo superato, quali rischi abbiamo evitato, dove ho applicato un sabotaggio con me stesso/a cioè cosa abbiamo eluso di doloroso, perché non siamo andati fino in fondo? La volta successiva riprenderemo l’esercizio dal punto esatto dell’interruzione cercando di affrontare il rischio.

L’atteggiamento che si deve avere quando si finisce un esercizio è: fatemi vedere cosa non ho preso, cosa ho evitato, in che cosa non sono andato fino in fondo; chiederlo anche a se stessi.

Questo atteggiamento unito alla correttezza e ad una propria onestà ti farà superare l’esercizio.

 

IN BREVE:

Il bisogno serve per attraversare un azione compiuta, è attivo, agito, va azionato, non pensato. Non è un pensiero è action!

 

Esempio:  BISOGNO DI RICONOSCIMENTO:

l lupo giovane stabilisce un confronto con il vecchio lupo e gli dice: “ da oggi sono io il leader”; Vogliamo portare la nostra quarta parete ad arrendersi. Qui entriamo nel nostro bisogno di riconoscimento. Se il lupo vecchio dice no, noi dobbiamo sbranarlo. In che modo? Arrendendosi al bisogno di riconoscimento, IO SONO QUESTO NELLA MIA ASSOLUTA FORMA E PENSIERO, ACCETTAMI;  lo verbalizziamo lo urliamo lo sussurriamo lo rendiamo azione parlata e di movimento in scena , lo comunichiamo e lo accettiamo in quel momento restando inermi in apertura e commossi difronte all’antagonista senza pulire nulla di ciò che il corpo crea.

 

Togliere il potere alla quarta parete è accettare il confronto ed esprimergli il proprio amore essendo noi ora più potenti più grandi di questa figura difronte a noi. 

I bisogni sono agiti con il contatto degli occhi, ci deve battere il cuore com’ è pulsato al primo lupo. Questo è un diritto non una pretesa.

 

La memoria emotiva dalla quale dobbiamo attingere per rendere credibile un sentimento in scena o sul set, deve essere vecchia di almeno 7 anni. Possiamo trarre dalla memoria emotiva anche attraverso il rilassamento ( altra materia di studio ) infatti, durante questo, potrebbero arrivare informazioni del nostro passato e quindi utili per la creazione e realizzazione di un sentimento da esternare.

 

Lavoreremo sulla memoria emotiva, creando un processo creativo all’interno del personaggio che andremo ad interpretare. Partendo dai nostri dolori antichi attraverso il training, dove nessuno dirà pubblicamente nella classe quale è il proprio dramma, ( non è una seduta psicoterapeutica di gruppo) e lo rapporteremo al testo e al personaggio che si dovrà affrontare in fase di studio. Apriamo il dramma, lo utilizziamo  e lo attraversiamo nell'interpretazione.

Con il training apprendiamo i mezzi attraverso i quali l’attore stimola l’immaginazione.

Fabrizio Raggi

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